Perdonare

di Susanna Labirinto

Si può perdonare la propria famiglia se quando sanguinavi invece di una garza ti ha dato aceto?

Come si fa a perdonare una madre che ti fa sentire la tua inadeguatezza invece di darti conforto?

Come si fa a perdonare un padre che infierisce nel momento di massima debolezza?

Quando fai tutto bene, sei al tuo meglio, stai dentro i binari… tutti sono orgogliosi di te, stanno al tuo fianco, ti sostengono, rinforzano la tua autostima. A volte, però, sei meno che al tuo meglio. A volte non va come doveva andare. A volte arriva l’inferno dentro. E tu crolli. E loro non ti perdonano.

Torna da te. Non ti misurare con i loro bisogni, ma con i tuoi. Se dai retta a ciò che li appaga, tu sei sempre un nano. Il loro bisogno di un te migliore è gigantesco, ingordo, insaziabile. Torna da te. Da quello che ti serve. Da quello che offri, che è tanto. Chi ti conosce ti stima e ti ama. Quello che hai realizzato è qualcosa di bello, se lo guardi stando accanto a te.

Se ti guardi come se fossi il compito svolto dai tuoi genitori per gareggiare al concorso dei migliori al mondo, fai cagare. Loro fanno cagare. Sei esaminato ed esaminatore di un concorso a cui non ti sei mai iscritto. A cui nemmeno loro si sono iscritti: forse pensavano di doverlo fare e non si perdoneranno mai di non essere stati bravi abbastanza.

Torna da te. Esci dalla loro ansia da prestazione e perdonati per aver desiderato il loro affetto. In fondo è la tua unica colpa: che avresti voluto essere bravo abbastanza. Il desiderio che provavi è quello di ogni bambino. Quando una madre e un padre ti guardano, prima che tu commetta errori, provano un desiderio delirante di perfezione, pensano che tu sarai la conferma che tutto può andar bene. È sicuro: andrà tutto bene. Ti convinci che sia così: tutto andrà bene. Lo vuoi, disperatamente. Fino a che scopri che non è possibile. Loro si chiedono cosa è andato storto e non riescono a capire come raddrizzare le cose, per cui non può essere che colpa tua. Tu ci credi: ecco il tuo unico errore. Non poteva e non doveva andare tutto liscio, non è così la vita, non si muore di 7 meno.

Torna da te e perdonati quel delirio di onnipotenza su cui hanno costruito la loro vita, perdonati di aver desiderato di essere bravo abbastanza, così ti accorgi che sei bravo abbastanza, e anche di più. Tu non sei loro. Non devi perdonare il male che ti hanno fatto, ma quello che ti sei fatto tu, cercando di essere qualcosa che non puoi e non vuoi. Non farti espellere dalla squadra di famiglia, vattene tu, gioca in casa tua, al gioco tuo, alle regole tue. In un gioco dove non si vince sempre, dove non si tira a far male, dove si possono incassare un sacco di sconfitte, ma si continua a giocare per scelta. Oppure no, ma per scelta.

Sono imperdonabili perché non sanno di avere una colpa. Non sanno di averla perché non sanno vederla. Da ciechi, non ti vedono. Nei loro occhi non vedrai altro che ombre, compreso te. Il tuo specchio è altrove.

Se ti misuri col loro bisogno di te, perdi sempre. Se ti misuri col tuo bisogno di loro, perdi lo stesso. Se ti misuri col tuo bisogno di te, forse alla fine è andata bene così com’è andata.

Questa voce è stata pubblicata in Susanna. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *