di Susanna Labirinto
Se ascolto il dolore di chi ha perso l’amore, io lo sento. Ma non scompare il mio dolore per non averlo avuto mai, un amore così. Ascolto il turbamento per un futuro incerto, insidioso, difficile. E ho ancora un presente incerto, insidioso, difficile, senza stipendio fisso, per anni. Lo vedo quanta stima di sé può dare un status, quanto è umiliante che ti dicano di no. Non smetto quasi mai di sentire il fallimento. Ho dovuto rinunciare a quel poco di certezza, per non rinunciare a me.
Le persone, per lo più, in me non vedono neanche lontanamente ciò che so, perché non ha avuto il riconoscimento dello status e dello Stato. Io non so e non sono niente, professionalmente.
Non voglio diventare trasparente, io che vedo tutto, non vista.
Io ci sono. Ascolto, vedo, sento. Gli altri e me, contemporaneamente.
Questo, voglio urlare:
Non sono a questo punto perché non valgo abbastanza.
Sono qui, in questo punto preciso della mia vita perché sono scappata sempre dagli uomini e dai soldi. Ma non sono scappata perché avevo paura della vita. Non sono scappata dagli uomini perché non mi piacevano abbastanza. Non sono finita in quasi povertà perché ho schifo dei soldi. Non è stata una scelta sbagliata o una serie di scelte sbagliate: non ho potuto che fare quello che ho fatto.
Non sono una persona sfortunata. Sono una persona abusata.
Da quella posizione là non ti meriti mai niente.
Se desideri: è una colpa.
Se non riesci a ottenere: è tua colpa.
Se ottieni qualcosa: te lo devi strappare dalle carni.
Se qualcuno ti ama: sarà la tua morte.
Posso andare avanti, avere stima di quello che ho ottenuto, ma non farò mai finta che va bene comunque.
Non è stata una mia scelta.
E non è colpa mia.
Nessuno di noi sente di avere abbastanza: quello che manca fa un rumore più forte.
Io sono amata da chi mi ama perché sono la prova che non è quello che ottieni, che conta, ma quello che sei.
Non mi giudico più, non mi sento più in colpa: questo fa di me un faro.
Capisco, vedo, assolvo: chiunque mi sta intorno ottiene una carezza nell’anima.
Non voglio più fare carezze e sparire.
Voglio essere vista: dolorante, sfigurata, spietatamente intelligente.
Ogni tanto (almeno) una carezza potrei meritarla anch’io.